SCRITTURA CREATIVA
Dalla Terra alla Luna
La leggenda dei gemelli Kito e Zoku
di Antonio Vinci
Tanto tempo fa, nell’ antico Giappone, quando il cielo non aveva una giorno ed una notte, nella festa del Capodanno dove tutto il popolo giapponese ringraziava un dio, dal cielo due forti luci si abbatterono sulla terra. Il luogo preciso era Tokyo. La prima luce si schiantò nel palazzo dell’imperatore kin, il sovrano assoluto, mentre l’altra stella si schiantò in un terreno di un povero contadino. I due meteoriti precipitarono provocando una piccola luce, senza però fare il minimo rumore. Il giorno dopo Kin scoprì impaurito e nello stesso tempo incuriosito la grande roccia che come per magia si aprì davanti ai suoi occhi e dentro vi era un piccolo neonato dalla pelle bianca e dagli occhi blu come l’oceano. Lui, che nono aveva figli decise di tenerlo con se. Il contadino, invece, dopo aver festeggiato con la sua umile famiglia, al ritorno si accorse che nel suo terreno c’era un grande foro. Per saperne di più andò vicino a quell’ enorme cavità provocata dal forte impatto. L’uomo vide una roccia e anche questa si aprì davanti ai suoi occhi. Dentro vi era un bambino dalla pelle marrone ed i capelli e gli occhi rosso fuoco. All’inizio l’uomo fu preso da un forte spavento, ma riflettendoci su pensò a un dono dagli spiriti. Preso dalla gioia, lo portò dalla moglie. Passarono gli anni e i due gemelli diversi venuti dal cielo divennero maggiorenni. Il ragazzo dalla pelle bianca come la neve fu chiamato kito, era adorato da tutte le principesse, un tipo che amava mettersi in mostra e si stava preparando per diventare sovrano di tutto il Giappone, unico erede dell’imperatore. L’ altro ragazzo di nome Zoku era un tipo gioioso, iperattivo, non era mai giù di morale aveva sempre un sorriso per tutti e nonostante di provenienza umile , sempre pronto a regalare o aiutare chi ne avesse bisogno. I due si incontrarono per caso alla diciottesima festa di capodanno; appena si guardarono sentirono una voce strana nella loro testa che ripeteva continuamente a entrambi di essere fratelli anche se così diversi. Quella voce era il loro vero padre l’Universo. I due si guardarono e ad un tratto sentirono di appartenersi. I fratelli si abbracciarono cosi forte che il loro contatto gli fece raggiungere il cielo e provocare una grande esplosione. kito come per magia diventò una sfera bianca (luna) mentre Zoku divenne una palla infuocata (sole). Da li le notti non erano più buie grazie a Kito e grazie a Zoku nacque il giorno. Si dice che le eclissi avvengono perchè una volta ogni tre anni i due si incontrano faccia a faccia per parlare.
L'amicizia e la luna
di Angelo Difonzo
In una città a ovest della America, viveva un bambino di nome Luca che era sempre triste a causa della solitudine. Lui era un ragazzo molto timido e proprio per questo non usciva mai di casa. Un giorno Luca, dopo esser stato accompagnato dal suo papà a scuola, vide Dario, un suo compagno di classe, che era seduto su una panchina tutto solo. Dario era identico a Luca: timido, solo e triste. Tra i due non si creò facilmente un rapporto di amicizia a causa della loro timidezza. Timidezza che col passare del tempo, riuscì ad andare via. I due ragazzi iniziarono a frequentarsi e raccontarsi i loro sogni. Luca un giorno confidò a Dario “Come vorrei avere tanti amici per poter organizzare una bellissima festa!" e Dario gli rispose "Sarebbe bellissimo, dal momento che non siamo mai stati invitati ad una festa". Così insieme decisero di organizzarla e provarono ad invitare tutta la loro classe.
Il giorno tanto atteso arrivò, tutto era perfetto, perfino la luna era bellissima quella sera. Nel cielo nerissimo spiccava una luna perfettamente tonda e luminosa che sembrava custodisse tutti i sogni dei due ragazzi. Luca e Dario quella sera aspettarono tanto i loro amici, ma nessuno si presentò. Provarono a telefonare a tutti ma nessuno rispose, tranne uno che gli disse che tutta la classe era a divertirsi ad un'altra festa... I due ragazzi ci rimasero malissimo, uscirono fuori dal locale in lacrime e si misero ad osservare la luna. Chiesero a lei per quale motivo nessuno volesse stare con loro e perché non riuscivano a farsi nuove amicizie. All'improvviso un fruscio di vento trascinò vicino ai loro piedi una locandina di una festa. Insieme decisero di andarci e provare a vincere la loro timidezza. Quella sera fu una delle loro serate più belle, perché alla festa, dopo un primo momento nella quale passarono inosservati, pian piano facendosi coraggio iniziarono a parlare con altri ragazzi e si accorsero che proprio loro attiravano la simpatia di molti presenti alla festa. Questo fu bellissimo per loro e mentre raccontavano una storia videro dalla finestra spuntare la luna che sembrava gli facesse l'occhiolino. La festa finì e insieme ai loro nuovi amici si avviarono verso le proprie case, nel tragitto incontrarono i loro compagni di classe che li guardarono sbalorditi perché non potevano credere che dopo lo scherzetto che gli avevano fatto Luca e Dario erano felici in compagnia di ragazzi "giusti".
Sicuramente la luna ci aveva messo il suo zampino!
La lupa e la Luna.
Il dono dell'immortalità
di Filippo Di Canio
Tanto tempo fa, esisteva un’anziana lupa che non riusciva mai ad avere dei cuccioli, ma in una notte profonda la lupa ebbe inaspettatamente degli improvvisi dolori, che più passava il tempo e più i dolori diventavano forti. All’improvviso ecco la lupa anziana dare al modo solamente un cucciolo. La lupa era stupefatta, perché aveva provato così tante volte ad avere un cucciolo, che ormai si era arresa, fin quando non dette alla luce quel bellissimo lupacchiotto, che più la lupa lo guardava, più il cucciolo sembrava diverso tra tutti gli altri…unico! Solo che c’era un problema di cui l’anziana lupa non sapeva la soluzione, ovvero chi era il padre di quel cucciolo.
Ci pensò su un po’, ma poi non se ne preoccupò più, era troppo presa e concentrata a proteggere il suo cucciolo, anche perché non sapeva quando avrebbe avuto un’altra occasione come questa. Una sera, la lupa doveva sfamare il suo cucciolo, quindi si incamminò verso il bosco per catturare qualche preda…ma così non fu. Infatti, quella sera in quel bosco, c’erano due cacciatori che, mentre la lupa stava per acchiappare la sua preda, la spararono dritta nel suo cuore che, in quell’instante, si spense. I due cacciatori uccisero la povera e anziana lupa solo per farsi un maledetto selfie per postarlo sui social, e dopo lasciarla incenerire in quel bosco. Ormai il cucciolo era troppo affamato e vide che la madre non faceva ritorno, e quindi decise di alzarsi e andare a cercare sua madre. All’improvviso il cucciolo ebbe un dolore fitto al cuore, appena vide sua madre morta. Prima che il cucciolo trovasse sua madre, i due cacciatori se n’erano già andati e quindi il cucciolo, per fortuna, non fu ucciso. Da quando trovò sua madre uccisa, il cucciolo, ormai fatto adulto, non mangiava e non beveva, e l’unica cosa che faceva era ululare alla luna. Ululava notte e giorno, e il motivo non si sapeva, e poi come faceva a non mangiare e a non bere? Passavano gli anni e il cucciolo era ancora vivo, come per magia. Continuava ad ululare alla luna di continuo anzi, più di quanto ululava prima. Ormai il lupo era diventato anziano, quanto lo era sua madre quando lo aveva dato alla luce, e non smise mai di ululare alla luna, e continuò a non mangiare e a non bere. Arrivò il giorno in cui il lupo si trovò sul punto della morte, tanto era anziano. Ululò l’ultima volta prima di chiudere gli occhi e morire. Ma all’improvviso un bagliore di luce chiara, gli fece aprire i suoi occhi…era la luna che aprì i suoi occhi. L’anziano lupo credeva che fossero le allucinazioni che si hanno prima di morire, ma non lo erano. La luna parlò e disse all’anziano lupo che era stata lei a fargli dare alla luce da sua madre, perché soffriva troppo nel non riuscire ad avere un cucciolo suo, e stava sul punto di morire di depressione, e quindi per farla vivere ancora un po’ le aveva concesso il dono di avere un cucciolo. Ma per sfortuna la madre era morta lo stesso, ma almeno contenta di aver ottenuto ciò che aveva sempre voluto, ovvero con un cucciolo tutto suo. Questa era la risposta alla domanda che si era fatta la lupa, chi fosse il padre di quel cucciolo. La luna così diede un dono al povero e anziano lupo che stava per morire, quello di essere immortale. Il lupo, da stare sul punto di morire, riprese tutte le sue forze e continuò a vivere la sua vita infinita come non aveva fatto mai.
La leggenda del figlio della luna
di Cosimo Bitella
Una leggenda narra che in una notte di luce splendente una graziosa donna dai capelli d’oro con un viso delicato e un corpo liscio con gli occhi azzurri e con un sorriso splendido corse verso la collina con un viso triste e in lacrime pregando alla luna. Questa Dea come un angelo custode vide ed ascoltò ciò che la donna le voleva dire rannicchiata sulla cima della collina con le sue braccia alzate verso il cielo ed i suoi occhi pieni di pianto ed ecco che apparve la luna illuminando tutta la terra. Vedendo la luna, la donna smise di piangere e guardava la luna nel suo splendore e con una forza di energia che la luna emetteva. Mentre la luna le sorrideva, la donna chiedeva di far tornare da lei il suo uomo di pelle scura, con il suo volto pieno di misteri. All’improvviso si alzò un vento forte che fece alzare la polvere dalla collina, così la donna perplessa capì che la luna la stava ascoltando. "Ti darò l’uomo di colore, con il suo perdono, anche se tu sei una donna impura. Però voglio che il tuo primo figlio venga a stare con me" disse la Luna. Il cielo diventò freddo, come il cuore della donna, e la luna scomparve nel cielo. La donna, tutta infreddolita, mentre lasciava la collina pensava alla luna e alla sua proposta. Un giorno le chiese “Quando sarai madre, come cullerai mio figlio se non hai le braccia?” Ed ecco che arrivò il momento che il suo uomo tornò da lei, tutto dispiaciuto per ciò che era accaduto.
Il bambino nacque in primavera: era dai capelli morbidi e biondi con gli occhi splendenti come stelle, ma di carnagione chiara come la luna. Subito l’uomo dispiaciuto e colpito dall’angoscia gridò alla donna “TU MI HAI TRADITO! IL BAMBINO NON MI APPARTIENE, NON È MIO E IO NON LO VOGLIO!”. All’improvviso si alzo un vento forte che colpì l’uomo con un freddo gelido nel suo corpo. La donna mentre era in lacrime ricordò ciò che aveva chiesto alla luna e all’improvviso l’uomo la pugnalò alle spalle. L’uomo, mentre piangeva, prese il bambino in braccio con tutta la sua angoscia e il suo dispiacere, e lo portò sulla collina dove la donna aveva pregato alla luna. Lì abbandonò il bambino mettendolo a terra, una volta rimasto solo a piangere cominciò a pensare al bambino e alla donna che aveva ucciso.
Da allora quando il bambino dorme sereno e tranquillo la luna è piena, se invece piange la luna si fa culla per poterlo cullare.
di Angelo Difonzo
Durante la seconda guerra mondiale in un vecchio paesino di Dusseldorf, arrivò un gruppo di zingari che cercavano di rifugiarsi dalle persecuzioni naziste. Il gruppo era composto da donne, uomini e bambini, tutti affamati e stremati per le corse fatte. Era ormai notte, così decisero di accamparsi nel bosco organizzandosi in gruppi. I bambini raccoglievano le pietre e i ramoscelli, le donne costruivano un accampamento d'emergenza e infine gli uomini cacciavano i cinghiali. Arrivata mattina, il bosco era diventato ormai un "villaggio". In questo gruppo c'era una bellissima gitana chiamata Leila che aveva il compito di andare a riempire l'acqua dal ruscello. Mentre attraversava il bosco sentì un fruscio di passi e girandosi si accorse di essere seguita da un ragazzo: alto, moro e con la pelle scura, che non apparteneva al suo gruppo. Vedendo questo ragazzo, Leila incuriosita -Chi sei? Perché mi segui?- gli chiese e il ragazzo le rispose -Devi sapere che questo bosco è sempre desolato e le uniche volte che arrivano delle persone, sono per lo più cacciatori e non bellissime ragazze come te, comunque mi chiamo Riko. E tu che ci fai tutta sola qui?-
–Nulla, andavo solo a prendere l'acqua al ruscello
-Ah quindi non sei sola- riprese Riko con aria aggressiva
-No sono con il mio gruppo e credo che sia ora di andare…
-Ok – disse Riko- spero di rincontrarti.
Questa storia durò per molti giorni e loro continuarono ad incontrarsi davanti al ruscello. Ogni giorno Leila era sempre più felice di andare li da lui ed incontrarlo perchè erano sempre più innamorati, ma quando lei decise di dirlo al suo clan, lui si allontanò lasciandola nella più profonda disperazione. Lei iniziò a vagare nel bosco sempre più triste cercandolo dappertutto e una sera guardando la Luna le venne in mente un’idea. Iniziò così a parlarle raccontandole la sua triste storia e di quanto amava profondamente Riko e che avrebbe fatto qualsiasi cosa per poterlo fare ritornare da lei. Ad un certo punto la luna cominciò a rispondere e le disse che potevano fare un patto che consisteva in uno scambio. Leila avrebbe dovuto dar, in cambio del suo amato, il suo primogenito. Lei ci pensò un po' e chiese alla luna come avrebbe fatto a crescere un bambino senza aver le braccia, ma la luna le rispose che ci sarebbe riuscita. Fu così che Leila strinse questo patto con la luna. Riko ben presto ritornò da lei, infatti dopo qualche tempo Leila si accorse di aspettare un bambino. A quel cercò Riko per dargli questa bellissima notizia e lui ne fu felicissimo. Passarono i mesi e il bambino nacque e in quel momento successe qualcosa che nessuno si aspettava, il bambino aveva la pelle chiara come la Luna e così Riko rimase talmente scosso che si sentì tradito da Leila e la rifiutò insieme al bambino. Leila cercò in mille modi di convincerlo che quello era suo figlio ma lui non ne volle sapere e in un momento di folle rabbia la prese, la baciò e poi la accoltellò. Dopo di che, Riko, prese il bambino e lo portò sul monte più alto per dire alla luna che poteva prenderselo...
di Anita Cristella
C’era una volta una zingara di nome Miriam, lei viveva in una roulette in campagna e la mattina si spostava in cerca di cose da rubare, purtroppo rubare era una tradizione di famiglia che si tramandava di generazione in generazione. Miriam aveva appena compiuto vent’anni, i suoi genitori erano deceduti così viveva con sua zia, a lei non andava giù che per vivere dovesse saccheggiare la gente, ma pensandoci … cos’altro avrebbe potuto fare per vivere? Un giorno di maggio si recò in città in cerca di bottini, mentre passeggiava scorse da una vetrina un uomo che rubava il portafogli di un’anziana, lo seguì, fin quando lui non si accorse di lei, capirono entrambi di fare lo stesso “mestiere”. – E così anche tu saresti uno zingaro? - e lui di rimando - A quanto pare … mi chiamo Fred.
I due parlarono a lungo, a fine giornata si decretò una cosa: ormai erano una famiglia. Andavano a cercarsi da vivere insieme e dopo una settimana diventarono, davanti agli occhi della zia Helen, ufficialmente fidanzati. I due erano inseparabili, erano travolti da un amore eterno, quando un giorno il povero Fred mentre di notte attraversava la strada fu investito da un pazzo motociclista che lo travolse brutalmente. La giovane ragazza cadde in una sconfinata infelicità, quando un giorno le venne un’idea che le poteva costare la vita: pregare la Luna di far ritornare il suo amato. Così ogni giorno Miriam andava su di un colle a implorarla fin quando non ricevette una chiara ed esplicita risposta – Io lo farò ritornare, ma tu in cambio dovrai darmi il vostro primo figlio.
La donna, in preda alla disperazione non sapeva che fare, ma dopo una lunga riflessione acconsentì: non poteva vivere senza il suo amato.
La mattina seguente lo ritrovò steso a terra fuori dalla roulette. Essi vissero felicemente fino a quando Miriam non rimase incinta, non fu una gravidanza facile per lei, soprattutto al pensiero di dover poi abbandonare quel suo figlio, ma agli occhi di Fred cercò di nascondere questo dolore. Julien nacque, ma bianco di carnagione, non scuro come entrambi i due giovani genitori. Fred pensò subito ad un tradimento e si avvicinò con un coltello alla donna che aveva il bambino in braccio, e la uccise, poi prese il bambino e lo abbandonò su di un colle su cui si affacciò la Luna.
Fu in quel momento che la luna divenne madre.
Da allora quando la luna è piena significa che il bambino è sereno e dorme beato, quando invece c’è solo uno spicchio, la luna trasformandosi in culla, vuol dire che il bimbo piange e vuol essere preso “in braccio” per esser cullato.
di Riccardo E. Vizzielli
La luna non emanava più il suo argenteo colore, ogni giorno diventava sempre più triste, malinconica. Desiderava un figlio ma nessuno l’amava e questo suo desiderio non si sarebbe mai avverato. Tutti la sdegnavano perché lei portava il buio, la notte e non risplendeva d’oro come il sole che portava invece felicità. Un giorno però una donna spietata le rivolse una preghiera e le disse supplicandola: “Mia cara luna fa’ tornare da me il mio grande amore che mi ha abbandonato” ed essa disse: “Lo farò ma in cambio dovrete fare un figlio che sarà tutto mio da coccolare ed amare”. La donna trovò assurda la richiesta e furbamente cercò di assecondarla pensando che non avrebbe mai potuto crescere un bambino. Passò del tempo e la donna partorisce un bellissimo bambino con l’uomo che intanto era tornato da lei. La luna si era messa all’opera per esaudire il desiderio e ottenere il bimbo.
Il tanto amato uomo però, quando vide il bambino bianco come la luna, uccise la donna dicendo: “Questo figlio non è mio!”. La luna con il suo influsso, infatti, aveva manipolato la mente dell’uomo e lo aveva convinto a portare il bimbo sulla collina. Da quel giorno la luna modifica la sua forma e si trasforma in quarto di luna calante quando culla il bimbo, quando questi gioca, nel cielo lei felice lo guarda come luna piena.
di Alessia Surdo
La leggenda narra che, in una piccola e malridotta casetta in mezzo ad un fitto bosco, viveva una giovane donna allontanata dal suo villaggio in quanto ritenuta una malefica strega. Questa era invece una bellissima ragazza dai capelli color carota e gli occhi di un verde brillante; era buona di cuore e il suo più grande desiderio era semplicemente avere un figlio tutto suo. Il suo dolce amato aveva un carattere molto umile e generoso proprio come lei; il loro fu amore a prima vista ed ogni giorno si incontravano al tramonto sulle sponde di un piccolo fiumiciattolo nascosto tra gli alberi e i cespugli a qualche metro dalla casetta. Quel giorno era il compleanno dell’uomo, si era recato nei boschi per distaccarsi dalla vita del villaggio. Era perso nei suoi pensieri quando una dolce melodia accompagnata da una lieve voce leggiadra attirò le sue orecchie…un fruscio tra i cespugli scorse una giovane donzella dall’aria tranquilla che raccoglieva dei panni di un bianco splendente: indossava vecchi panni sporchi, uno straccio di stoffa sulla testa e i capelli legati in un codino.
-Chi si nasconde dietro quei cespugli?- domandò il giovane.
-Oh, andate via! Sono la strega che tutti temono al villaggio.
-State tranquilla giovane donna, sono dell’idea che non siete affatto una strega, al contrario siete una semplice fanciulla dall’animo buono-.
La ragazza si voltò verso il luogo da cui proveniva la voce: gli occhi azzurri di un giovane fanciullo incrociarono lo sguardo intenso della giovane donna. Da lì in poi cominciarono a parlare e con il passare dei giorni il loro amore crebbe sempre di più. Si incontravano di nascosto…ma un brutto giorno il giovane girovagando per i boschi alla ricerca della casetta del suo unico amore, udì uno sparo proveniente da un cespuglio a pochi metri da esso e un attimo dopo… il suo cuore smise di battere e il suo corpo cadde per terra con un grande tonfo tra le foglie cadute dagli alberi. La giovane fanciulla, non seppe mai cosa accadde di preciso al suo amato; ma si isolò nella sua piccola casa piangendo giorno e notte. Finché un giorno decise di porgere una preghiera alla Luna, sperando che il suo amato potesse far ritorno da lei e insieme un figlio:
-Oh Luna, vorrei porgerti una preghiera…potresti rivelarmi cosa è davvero accaduto al mio uomo? È passato parecchio tempo dalla sua scomparsa, all’improvviso mi sono ritrovata da sola, e non ho mai cercato di capire il perché.
-Giovane fanciulla, il tuo amato è stato ucciso da un colpo di fucile scagliato da un gruppo di uomini girovaganti per i boschi…non potrei mai riportarlo in vita
-Mia grande Luna come potrei mai ringraziarti…ma ora sono ancora più triste ed infelice, infondo è stata tutta colpa mia- replica la donna. -Ma vorrei chiederti un altro favore…vedi, il mio più grande desiderio è sempre stato avere un bambino, ma ora come ora, non potrei più realizzare questo sogno.
-Dolce donzella, posso far sì che tu possa avere un figlio…ma soltanto stringendo un patto con me: il bambino di giorno vivrebbe con te sulla Terra e la notte la passerebbe con me nel Cielo-.
La giovane donna accettò il patto e qualche tempo dopo diede alla luce un bambino dalla pelle chiara come la Luna. Così il bambino per molti anni crebbe di giorno coccolato dalle braccia della donna e di notte cullato dalla candida Luna.
di Gennaro Tucci
C’era una volta una giovane gitana sposata con un ragazzo che purtroppo era in guerra per combattere a favore della patria.
Per porre fine alla guerra, il giovane si sacrificò lasciando la gitana sola.
La gitana era disperata per la perdita del marito, infatti urlava di dolore dicendo che lei avrebbe fatto di tutto per riavere il marito.
Nessuno riusciva a calmarla, neanche ad alleviarle il dolore o a consolarla dicendole che avrebbe trovato un altro marito migliore di lui oppure illudendola che lui non fosse brava persona, ma tutti i tentativi furono vani, lei era così disperata da non riuscire neanche a mangiare.
Durante una notte di luna calante la luna ascoltò il pianto disperato di questa giovane gitana e le chiese cosa fosse successo.
La gitana rispose dicendole che aveva perso il marito e che avrebbe fatto qualunque cosa per riaverlo a costo della sua vita o di sacrificare la sua cosa più cara dopo il marito.
La luna trovò questa proposta interessante, e dopo giorni di riflessioni propose alla gitana di fare uno scambio.
Lo scambio che propose la luna era il seguente: lei le avrebbe dato il suo primo figlio e la luna suo marito, la giovane gitana iniziò a farle delle domande del tipo come lo avrebbe allattato o come avrebbe fatto a cullarlo quando lui piangerà visto che lei non aveva le mani.
Visto che lei avrebbe fatto di tutto per riavere il marito accettò lo scambio, e la mattina dopo, quando la gitana si svegliò trovò a fianco suo marito.
Dopo nove mesi il primo bambino nacque e allora la gitana, nascondendo il figlio al marito gli disse che era morto, invece lo diede in segreto alla luna.
Il marito non si arrabbiò molto dicendo che poteva succedere e che avrebbero avuto nuove occasioni, cosi uscì fuori dalla casa e si sedette a guardare le stelle, ma sulla luna notò la faccia di un bambino che era molto simile a quella del bambino morto.
Così chiamò subito la giovane gitana e le chiese se quello fosse suo figlio, allora la gitana negò, sostenendo che era solo una sua immaginazione e che il loro figlio era morto.
di Antonio Vinci
Tanto tempo fa un gruppo di zingari stava migrando dal paese nativo per via della guerra, il cammino durò diversi giorni, erano esausti e decisero di accamparsi vicino ad una sorgente nel bel mezzo di un vasto bosco. Un gruppo di gitane si addentrò per cercare bacche e noci da mangiare e camminando sempre più furono intimorite da uno strano rumore. Tra gli alberi apparvero un cervo in fuga e un bellissimo cacciatore, un ragazzo dai capelli neri come la notte e una pelle scura come l’ombra. Una gitana di none Kira, dagli occhi verdi, rimase folgorata da tanta bellezza e promise al suo cuore che quel ragazzo sarebbe diventato suo a qualsiasi costo. Era arrivata notte fonda, il cielo era pieno di stelle e la ragazza, innamorata pazzamente dello sconosciuto si sedette su una roccia proprio di fronte alla maestosa e candida Luna e cominciò a pregarla. Il suo pensiero era sempre più forte, il desiderio le bruciava il cuore e ad un tratto il vento si alzò. Kira iniziò a sentire una voce soave nella testa che le diceva: “Cosa c’è ragazza?”. Lei con coraggio e nello stesso modo rispose: “Sono qui questa notte, mai avrei creduto che tu potessi sentire il pianto del mio cuore, ma adesso so che ci sei e una cosa per me dovrai fare prima che io muoia d’amore “. La luna rispose: “Certo mia cara, tu avrai il tuo amato, c’è solo un patto a cui dovrai tener fede, mi dovrai dare il tuo primogenito”. La gitana anche se preoccupata accettò e con timidezza chiese: “Come farai a cullarlo se non hai le braccia?”. La Luna non rispose e Kira stanca ritornò nell’accampamento per dormire.
Il giorno dopo si recò nel bosco, vicino la pietra della promessa e li trovò Sthepen. Lui era lì, seduto ad attenderla con gli occhi pieni di amore. Passarono i mesi ed il grande amore si completò, lei aspettava un bambino. La felicità avvolse i due per parecchio tempo fino a quando il bambino nacque. Kira partorì un bambino dalla pelle candida come la neve, i capelli biondi come il grano maturo e gli occhi celesti come pietre preziose.
Sthepen vedendo il bambino si infuriò: “IL BAMBINO NON É MIO, IO NON LO VOGLIO!”. Ferito nell’orgoglio e accecato dall’ira prese un coltello e uccise Kira trafiggendole il petto, poi piangendo prese il neonato e lo abbandonò sopra un monte. Nel freddo della notte il gemito del piccolo raggiunse il cielo e una forte luce lo avvolse.
Da quella notte il candido neonato diventò figlio della luna e così ogni volta che il piccolo piange lei diventava culla (mezza luna) per farlo rilassare e addormentare.
di Asia Agostino
Una volta negli accampamenti gitani che si affacciavano sul Mar Nero, c’era una zingara che era la moglie del capo del clan. Era bella e timida e quando il marito morì cadde in una profonda tristezza. Passarono gli anni e prese il comando un uomo, di pelle scura, che si faceva chiamare Ver. Un giorno la zingara si allontanò dal clan per raccogliere provviste e fu sorpresa da un branco di cinghiali affamati. Ver era a caccia nei paraggi e sentendo le urla si avvicinò incuriosito. Dopo aver steso i cinghiali disse: “È pericoloso allontanarsi dal clan, tu che sei la moglie del vecchio capo dovresti saperlo…” lei si sentì pervasa, in un primo momento d’ira, ma poi cominciò a provare ammirazione per quell’uomo. Ogni giorno, nella foresta i due si incontravano e passeggiavano insieme. Nel villaggio erano conoscenti, nella foresta innamorati. Arrivò il giorno in cui lo dissero al clan e si sposarono. Alcuni giorni dopo il capo e altri cacciatori furono costretti a andare a cercar provviste nella lontana Cina e non tornarono più. La ragazza pensò di essere stata abbandonata, per la seconda volta. Salì sul monte e pregò giorno e notte gli astri di aiutarla. La luna ebbe pietà di lei e allora ascoltò le sue preghiere. Una notte disse: “Io farò tornare quell’uomo a patto che il tuo primo figlio venga a stare quassù con me”. La ragazza accettò e dopo due anni il ragazzo poté tornare. Vissero mesi felici finché, per loro disgrazia, nacque il primo bambino. “Non ha niente dei genitori” diceva una gitana nel palazzo del capo “Non sembra nemmeno appartenente al nostro clan” dicevano. “Ha la pelle chiara e bianca come una nuvola, per non parlare di quegli occhi chiarissimi” si sentiva dire di tanto in tanto. Se Ver, prima sarebbe stato disposto a tenersi un bimbo bianco, dopo un paio di settimane la situazione era diventata indomabile: nel villaggio le voci e i pettegolezzi correvano veloci, ma mai quanto a corte. In un momento di incontrollata rabbia Ver uccise la moglie e bandì il piccolo dalla regione. Qualcuno di buon cuore lo portò dove la zingara aveva tanto pregato e lo abbandonò lì. Al sorgere della notte, la luna raccolse il suo bambino e lo portò nel cielo a stare con lei. Quando il bimbo piange, la luna si consuma per dondolarlo, quando la luna è piena significa che il bambino sorride e dorme sereno.
Il desiderio di un figlio
di Filippo Di Canio
Una notte, una giovane gitana povera, pregò per la priva volta, la luna bianca e alta nel cielo, in una notte dove solo la luna era presente.
Volle pregare perché quando ebbe il suo primo e unico figlio, scomparve come nel nulla, quando era ancora neonato.
Alcuni credevano che fosse stato rapito, altri pensavano che fosse stata mandata una maledizione alla famiglia di quella gitana, perché in quella famiglia succedeva sempre qualcosa di strano e misterioso a chiunque ne appartenesse.
“Fa’ che torni da me!” disse la gitana supplicando la luna, riferendosi a suo figlio.
Pregava notte e giorno, ripetendo ininterrottamente queste parole.
Una notte, dopo che la gitana fece la sua preghiera quotidiana, la luna all’improvviso disse le sue prime parole alla gitana, facendola impaurire, visto che in quel momento nessun’anima era presente, come ogni notte.
“Tuo figlio è morto, e io mi sono presa la sua anima e il suo corpo, facendolo scomparire per sempre” proferì la luna, dal tono dispiaciuto.
“Non volevo che tu lo sapessi, ma poiché ogni notte venivi a pregarmi, anche nel caso di vita o di morte, ho deciso di dirtelo finalmente” continuò la luna.
“Me ne sono occupata io perché non volevo che tu provassi le orribili sensazioni che una madre prova per suo figlio volato in cielo, anche se sei stata in pensiero per tuo figlio scomparso, ma ora sai tutta la verità” proseguì.
La gitana era colpita dallo stupore fuori, ma di dolore dentro.
Non sapeva né cosa avrebbe dovuto fare, né cosa avrebbe dovuto dire.
“Ma qual è stata la causa della morte di mio figlio?” chiese la gitana, un po’ perplessa.
“A dirla tutta, prima non ti ho detto proprio tutta la verità, ma adesso te lo dico. Se ci pensi, lui era il tuo unico figlio, che non assomigliava a nessuno, come nato dal nulla. Io avevo sempre desiderato un figlio, e visto che non potevo affrontare una gravidanza, ho deciso di mandarla a te, per poi riprendermelo” disse la luna ancora più dispiaciuta di prima.
“Non ho il suo corpo vivo, ma almeno avrò la sua anima per sempre con me!”
La gitana ormai aveva il viso del tutto paralizzato, ma prese il coraggio e disse queste esatte parole alla luna:
“Dovrei essere arrabbiata con te, ma sono proprio il contrario, perché so cosa si prova a volere un figlio e non poterlo avere. Io potrei provare e riprovare, ma tu no, e quindi almeno saprò che il bambino che ho dato alla luce, sta bene con te”
La luna, sorpresa da quelle parole, non poté far altro che sorridere, e non stare più con quel pensiero fisso di essere colpevole di un “rapimento”.
Passarono anni e la gitana ebbe finalmente la sua prima figlia “vera”, ed essendo una femminuccia, la chiamò Moon, ovvero luna in inglese, e continuò lo stesso a pregare la luna perché sua figlia stesse sempre bene.
La Luna Amica
di Arianna Limitone
In un paese di montagna viveva un gruppo di amiche che trascorrevano intere giornate, giocando, cantando e mangiando insieme. La più grande del gruppo si chiamava Sasha, soprannominata “grande capo”, per il suo fisico possente e per la sua forza che non perdeva occasione di mostrare alle amiche, aveva capelli ricci e neri, ed occhi scuri, poi c’erano le gemelle Greta e Camilla e la spericolata Wendy, mentre Sarah era chiamata “scricciolo” perché era la più piccola. Sarah aveva gli occhi verdastri e i capelli color rame ed un fisico esile, che non le permetteva di svolgere tutti i giochi delle altre; abituate a vivere all’aperto si divertivano a scalare gli alberi, a rincorrersi lungo il ruscello, che dall’alto dei monti scorreva lungo il paese e a spaventare gli scoiattoli e i cervi di quei luoghi.
Sarah soffriva molto non potendosi confrontare e gareggiare con le sue amiche, che non perdevano occasione per metterla in ridicolo con il gruppo. La sera tornata a casa dopo aver cenato in silenzio con i suoi genitori, che non percepivano il malessere della piccola, usciva in giardino a contemplare la Luna, ritenendola l’unica in grado di capirla e sostenerla, la considerava nei suoi pensieri l’unica amica di fiducia.
Una notte d’estate la piccola si addormentò piangendo dopo gli ennesimi episodi che la mettevano in ridicolo con le altre amiche, però quella notte successe qualcosa che cambiò la vita di Sarah.
La sua amica Luna le apparve in sogno, e con fare rassicurante, le consigliò di portare al ruscello una corda e di nasconderla dietro la quercia più vicina. Sarah non capì ma fidandosi ciecamente della Luna obbedì.
Il mattino seguente il gruppo di amiche si diresse verso il ruscello dove si sarebbero sfidate ad attraversarlo a piedi nudi con un libro in equilibrio sulla testa. Arrivate sul posto le ragazze cominciarono a spogliarsi per cominciare il gioco mentre Sarah era lì come al solito seduta lungo la riva ad osservare le altre divertirsi.
Quella mattina la corrente del ruscello era più forte del solito e le quattro amiche furono subito trascinate dalla corrente, che le stava allontanando velocemente dalla riva. Le grida delle quattro giunsero in paese, ma fu proprio in quel momento che il piccolo “scricciolo” si ricordò della corda che immediatamente legò alla quercia e lanciò in acqua a coloro che fino ad allora la insultavano. Sasha essendo la più forte afferrò, la corda e con l’altra mano riuscì ad acchiappare le altre e ad uscire dall’acqua.
Asciugatesi e ripresesi dal forte spavento portarono in trionfo la piccola Sarah che divenne l’eroina del paesino di montagna. Tutte da quel giorno volevano giocare con lei, e la trattavano come una sorellina minore da proteggere e rispettare. Lei riacquistò serenità e gioia di vivere, ma non smise mai per il resto della sua vita di chiedere consigli alla sua amica Luna.
L’origine della Luna e delle Stelle
di Alessia Surdo
C’era una volta una coppia, marito e moglie, che viveva in una piccola casetta in mezzo ai boschi. Il povero uomo era un disperato taglialegna che insieme alla moglie creava degli oggetti di tutti i tipi intagliando legno di qua e di là per poi venderli e ricavare una misera mancia per andare avanti. Questo era però un lavoro che praticava illegalmente di nascosto, fin quando una fredda mattina d’inverno, recandosi nei boschi per spaccare quei grossi tronchi di alberi secolari, venne scoperto da due sorveglianti dei boschi; venne quindi minacciato di perdere la sua amata se non si fosse allontanato per sempre da quella zona e in più gli sottrassero tutta la legna che aveva spaccato quella mattina.
Lo sventurato marito ritornò afflitto e sconsolato alla sua casetta: lì ad aspettarlo sulla soglia della porta vi era la sua cara donna dai capelli color oro e gli occhi di un intenso azzurro mare. Questa si insospettì alla vista della mancanza dell’accetta di suo marito consumata dal tempo e dal suo utilizzo, e dal carretto cigolante che trasportava la legna. Il povero individuo giunse sulla porta, diede un enorme abbraccio accompagnato da un bacio sulla fronte alla moglie, e la invitò a sedersi davanti al loro camino sul piccolo, ma confortevole divanetto nel salotto.
Raccontò così tutto ciò che era successo in quel frangente di tempo e passarono il resto della serata l’uno accanto all’altro con lo sguardo disperso nel vuoto e le lacrime che scivolavano via dai loro volti. Nonostante la loro infelice vita, avevano entrambi un carattere umile e allegro…ma il loro sogno più grande era avere un bambino tutto per loro da amare e coccolare. Molto tempo prima però, promisero di dare alla luce una piccola creatura soltanto dopo avere accumulato un po’ di ricchezze così da farla crescere in salute e serenità. La donna, da un po’ di giorni però, aveva un insolito carattere che emanava un’aria di preoccupazione; durante l’ora di pranzo e cena non mangiava ma rotolava il cibo nel piatto accompagnandosi dalle posate. Per l’uomo giunse quindi il momento di capire cosa fermentava dentro il cuore della sua amata.
-Cara, vieni qui con me sul divano…passiamo un po’ di tempo insieme, così magari mi racconti cosa ti preoccupa.
-Oh certo amore mio, è solo che penso a cosa ne sarà di noi tra qualche tempo.
-Cosa vuoi dire cara?- domandò l’uomo.
-Caro marito mio, quella mattina in cui sei andato nei boschi, bhé…ho scoperto di aspettare un bambino, ma quando sei tornato con un’aria triste e malinconica ho subito intuito che non mi avresti comunicato di sicuro una buona notizia decidendo così di rivelarti il lieto evento in qualche altro momento.
-Oh mia cara, ma è una notizia entusiasmante…sono così felice- replicò l’uomo.
-Ma ho paura…ho paura di non riuscire a crescere il nostro bambino, in fondo hai perso la tua unica opportunità di guadagnare un po’ di denaro per vivere- ribatté la donna.
-Mia cara amata, ti prometto che da domani andrò alla ricerca di un nuovo modo per guadagnare qualcosa in modo da procurarci i viveri necessari per crescere la nostra creatura.
Il mattino seguente il marito, pur di mantenere la promessa, si alzò di buon’ora e uscì di casa. Dopo qualche ora, stanco e ormai sicuro di aver perso ogni speranza, si recò lungo le rive di un piccolo ruscello vicino alla casetta, si sedette e si imbatté in un momento di riflessione. Ad un certo punto nei suoi occhi riflessi nell’acqua, un luccichio attirò la sua attenzione…si trattava di una pepita d’oro! La estrasse con cautela dal ruscello ed esclamò: -Evviva! Siamo ricchi-.
Fortunatamente l’uomo portava con sé un piccolo sacchettino agganciato alla cintura al cui interno custodì la pepita che da quel giorno avrebbe trasformato il destino della futura famigliola. Continuò così per qualche oretta a scavare nel ruscello scorgendo una decina di pepite d’oro. Appena calò, il buio l’uomo ritornò alla casetta con un’aria entusiasta ed eccitata, aprì la porta, prese in braccio la sua amata e con una giravolta la baciò e questa, incuriosita, pretese una spiegazione a questa sua reazione allegra. Da quel giorno in poi l’uomo si recò tutte le volte sulle rive del ruscello diventando sempre un po’ più ricco ed esperto: divenne così un ricercatore d’oro coltivando così il suo, in un certo senso, “lavoro”.
Molto anni dopo, la loro figlioletta aveva appena compiuto cinque anni, era bella e leggiadra come la sua mamma: gli occhi di un azzurro intenso, i capelli lunghi dorati e splendenti e la pelle chiara. La sua bellezza era unica nel suo genere. Il suo papà invece, pur essendo contentissimo della sua figliola, nel suo cuore desiderava tanto un maschietto che lo avrebbe aiutato nel suo nuovo lavoro in quanto prima o poi sarebbe diventato anziano. Passò qualche altro anno e l’uomo ormai diventato ricco, non riusciva più a trovare pepite sulle rive del ruscello; con il passare del tempo, però, le ricchezze si esaurirono e la sua donna si ammalò e poco dopo morì tra le braccia della sua adorata bambina. Quel triste giorno la piccola e allegra casetta, fu ormai avvolta da un velo di tristezza e malinconia ogni tanto accompagnato da lacrime di disperazione. L’uomo quando si capacitò che ormai la sua cara moglie non era più con loro, decise di riafferrare tre le mani la sua vita e quella della sua bambina che aveva ormai compiuto sette anni ed era l’unica ricchezza che gli era rimasta.
Si risposò quindi con un’altra donna ricca di beni e prosperità, ma nel suo cuore non aveva dimenticato il suo unico vero amore che non sarebbe stato sostituito con nessun’altro. Questa però non poteva avere figli, e il desiderio del povero uomo di avere un maschietto si frantumò in mille pezzi. La sua bambina intanto aveva ormai raggiunto l’età di dieci anni ma nonostante i vari anni trascorsi dalla scomparsa di sua madre, quel momento sembrava ancora un ricordo fresco e limpido. Comprese però la scelta di suo padre malgrado la matrigna le stesse antipatica a pelle.
Una limpida giornata d’estate la ragazza condusse suo padre in un laghetto poco dopo la villa della matrigna, si sedette con la testa posata sulla spalla dell'uomo e gli disse:
-Caro padre, è da tempo che vorrei dirti una cosa molto importante. Tu sai che tra sei anni compirò sedici anni, sarò quindi arrivata alla maggiore età, ma non è questo il punto. Io non sono mai stata una vostra figlia biologica in quanto la mamma mi ha dato alla luce per mezzo dei Cieli, pur sapendo che non poteva avere figli.
-Cara figlia mia, ne sei proprio sicura? Insomma non è un fatto di tutti i giorni sentirsi dire queste parole. In più sentirsi dire che la tua unica figlia in realtà è “Figlia dei Cieli”- replicò l’uomo.
–Ne sono più che certa padre, ma il problema più preoccupante è che i guardiani dei Cieli verranno a prendermi appena avrò raggiunto la maggiore età, e nessuno glielo impedirà.
- Oh cara ragazza mia, non puoi lasciarmi proprio ora, sei l’unica fortuna che mi sia rimasta.
–Padre mio, questa notte pregherò i Cieli affinché tu potrai avere un figlio maschio, come hai sempre desiderato; ora vado a letto. Buonanotte padre!- ribatté la ragazza, dirigendosi verso la villa.
L’uomo, disperato, rimase seduto sulla sponda del laghetto pensando a cosa ne sarebbe stato di lui e della sua figliola. Qualche tempo dopo, in una calda mattinata, si recò al vecchio ruscello che faceva ormai parte di una vita passata, lo seguì per una ventina di metri quando una strana forma attirò i suoi occhi sul fondo del ruscello. Si trattava di un’insolita conchiglia di dimensioni leggermente più grandi e dal peso eccessivo. La estrasse dal fondo, la fece rotolare sul prato al lato del ruscello e con gran fatica riuscì ad aprirla, quando al suo interno, con stupore, vi trovò un piccolo fagotto contenente un bimbo dal volto simile a quello della sua figliola. Sorpreso ritornò alla villa con il bambino e la matrigna, un po’ titubante, si convinse a crescerlo come suo unico figlio. Passarono cinque anni e il piccolo bambino si era ormai affezionato alla sua unica sorella maggiore. Ma questa sapeva che tra un anno sarebbe andata via e non avrebbe mai più visto suo fratello, decise così di raccontargli tutto in modo da preparalo al distacco che sarebbe accaduto e per quale motivo.
Il piccolo deluso della situazione promise che avrebbe fatto di tutto per non farla andare via; questo involontariamente raccontò tutto alla sua mamma e questa, di conseguenza, si infuriò con la ragazza per aver messo in testa strane idee al suo fratellastro. La matrigna realizzò che la vita di suo figlio sarebbe stata migliore senza la presenza di quella stramba ragazza: decise quindi di organizzare un piano così da ucciderla a insaputa di suo padre. Una notte la matrigna dopo essersi assicurata che tutti fossero andati a letto, si diresse nelle cucine e raccomandò alla cuoca di preparare la colazione per la ragazza aggiungendo dieci gocce di veleno nel latte, la cuoca intimorita obbedì alla sua padrona; intanto il piccolo bimbo origliò tutto il piano della sua mamma, così si diresse subito nella stanza della sua sorellona e gli riferì tutto ciò che aveva origliato così da consigliarle di non bere il latte la mattina seguente. La sorella ringraziò il suo fratellino che trascorse la notte nel suo letto e la mattina successiva appena le venne servita la colazione la gettò dalla finestra. La matrigna a mattinata inoltrata, notò che la sua figliastra era ancora in vita e cercò di progettare un altro piano per farla fuori invano. Questo avvenimento rimase per sempre nascosto agli occhi del padre che era ormai diventato anziano e malato; trascorse così un anno e arrivò il giorno in cui la ragazza raggiunta la maggiore età sarebbe stata riportata nei Cieli: era una notte calma e limpida, nel cielo un bagliore di luce splendente raggiunse la Terra e una soffice nuvola circondata da guardie dei cieli si posò davanti alla porta del cortile nel retro della villa. La ragazza, diventata ormai maggiorenne, salutò il suo amato padre ringraziandolo di averla accudita fin da bambina, prese in braccio il suo amato fratellino lo baciò sulla fronte e gli promise che non si sarebbe mai dimenticata di lui, salutò con un affrettato abbraccio la matrigna e si sedette sulla poltrona che ornava la soffice nuvola. Le guardie dei cieli si inchinarono per salutare la principessa, ma la nuvola non si sollevò dall’erba che ricopriva il cortile; il capo delle guardie esclamò: -Cara principessa dei Cieli, noi non andremo via senza il piccolo principe dei Cieli.
–Oh, come potete prendervi il mio unico figlio, non ve lo concederò mai!- replicò la matrigna.
–Mia cara mamma, se questo è necessario lascia che io vada con la mia sorellona nel regno dei Cieli, e non preoccuparti per me, io starò bene e ti penserò in ogni momento della giornata- esclamò il bambino che saltò in braccio alla mamma, le diede un forte abbraccio e un grosso bacio, poi fece lo stesso con il suo papà e salì sulla nuvola con la principessa dei Cieli.
Un forte vento si sollevò da terra, un bagliore di luce avvolse la nuvola e raggiunse il cielo inoltrato.
Il principe e la principessa del regno dei Cieli divennero così “la Luna e le Stelle” brillanti nel cielo.